Discussione: Rapporto lipu: Specie cacciabili in ottima salute

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  1. #1 Cool Rapporto lipu: Specie cacciabili in ottima salute 
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    RAPPORTO LIPU: SPECIE CACCIABILI IN OTTIMA SALUTE

    lunedì 14 maggio 2012
    Dall'interessante rapporto sugli andamenti delle popolazioni di uccelli comuni in Italia, redatto dalla Lipu in base ai dati raccolti dal 2000 al 2010 grazie al progetto MITO2000 (integrato al programma comunitario di monitoraggio dell'avifauna nidificante), emerge una realtà variegata ma tutt'altro che sconfortante nel quadro di gestione faunistica della caccia programmata.

    Il paradosso è che in calo troviamo alcune specie di uccelli agricoli che sono ormai da decenni protetti (non subiscono quindi alcuna pressione venatoria, episodi di bracconaggio a parte), che purtroppo continuano a soffrire delle conseguenze di un'agricoltura intensiva (i n particolare pesticidi e degrado e scomparsa degli habitat a loro congegnali), mentre al contrario altre comunemente cacciate in tutto il paese, si trovano in una situazione stabile o di crescita.

    Nel suo comunicato, la Lipu evidenzia popolazioni in aumento per gazza, cornacchia grigia, gheppio, ortolano, rigogolo, usignolo, upupa, tortora, luì bianco e strillozzo. Se però diamo un'occhiata all'intero rapporto, la situazione appare in realtà ancora più chiara: insieme alla tortora (+56%) troviamo diverse altre specie cacciabili come il colombaccio (in 10 anni cresciuto del 210%), la quaglia (in forte incremento, + 78%; e in Piemonte vorrebbero toglierla dall'elenco delle cacciabili), il tordo bottaccio, + 41%, il merlo, +48% e la ghiandaia, + 9% .

    Diverse sono anche le specie non cacciabili in crescita nell'ultimo periodo: beccamoschino (+ 56%), canapino comune (+ 79%), capinera (+ 30%), beccafico (+138%) cinciallegra (+16%), cinciarella (+65%), codibugnolo (+ 66%), codirosso comune (classificato in forte crescita +66%), fiorrancino (+88%), gheppio (+15%), gruccione (in forte crescita, +65%), ortolano (+158%), pettirosso (+28%), picchio rosso maggiore (+6%), picchio verde (+52%), poiana (+19%), rigogolo (+ 133%), scricciolo (+35%), sterpazzolina (+28%), storno (+2%), storno nero +36% ( dato questo più che confortante, visto che finora per lo sturnus vulgaris che crea numerosi danni all'agricoltura si è negato un prelievo ordinario (ma a volte anche in deroga) perchè lo si poteva confondere con il suo cugino nero, che peraltro in Italia è specie infrequente), tortora dal collare (+115%; specie ormai stanziale in Italia e in alcune aree già soggetta a prelievi), strillozzo (+20%), tottavilla (+90%), usignolo (+11%), usignolo di fiume (+ 63%).

    Verificati questi dati, forniti da fonte sicuramente incontestabile (alla Lipu, come possono, non ci pensano neanche un minuto a scagliarsi contro la caccia), salta agli occhi la macroscopica differenza fra ciò che è e ciò che vorrebbero far credere. Approfondendo la lettura, poi, si capisce e chiaramente che è l'agricoltura "industriale", individuata soprattutto nella valle Padana, che va ampiamente ripensata. Come si passa ad analizzare la situazione delle aree collinari, infatti, si vede chiaramente che la situazione è sostanzialmente migliore. In ogni caso, in questi ultimi anni la situazione delle specie ornitiche comuni del nostro paese E' STABILE, e semmai se correttivi si dovessero adottare - lo sappiano all'ISPRA, lo sappiano i responsabili politici e tecnici delle regioni - ci si dovrà indirizzare su quelle pratiche agricole che fanno cattiva agricoltura. Con buona pace degli anticaccia, degli ambientalisti della domenica, delle rosse passionarie e delle bionde, degli ideologi del dopolavoro da bar sport, che a loro insaputa si sono ritrovati fra i banchi del Parlamento Europeo, da dove continuano a sbraitare basandosi su argomentazioni risibili. E comunque, ove venisse in mente a qualcuno di fare pressioni affinchè si rivedesse la lista delle specie cacciabili nell'elenco della "Direttiva-Uccelli", si sappia che a fronte di un paio o tre di specie in declino (ripetiamo: a causa di tutto tranne che della caccia!), ce ne possono essere qualche decina di cui si potrebbe sicuramente reclamare l'inserimento! E a qualche anziano potrebbero nuovamente brillare gli occhi solo al pensiero di un beccafico o di una capinera, di un ortolano o di un rigogolo, di uno strillozzo o di una tottavilla da mettere alla lacciaia!

    Ogni giorno per fare altro è un giorno rubato alla nostra passione

    "LA CACCIA"

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  3. #2  
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    forse bisognerebbe mandarne una copia all' ISPRA visto che quando sono chiamati in causa per fare il loro lavoro ovvero dare un loro parere in merito alla situazione delle specie, sembrano non essere in grado di farlo.
    Pensa al tuo sogno più bello a ciò che ti rende felice,
    alla magia di aprire gli occhi ogni mattina e sentirsi vivi e fortunati,
    non fermarti, non accontentarti, tutto è possibile
    devi solo provarci sempre

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    LE SPECIE CACCABILI IN ITALIA NON GODONO DI BUONA SALUTE

    Considerazioni della LIPU in merito all’articolo pubblicato dal blog ww*.bighunter.it
    alla pagina https://ww*.bighunter.it/Home/Editor...4/Default.aspx
    dal titolo “Rapporto LIPU: specie cacciabili in ottima salute”.


    Con riferimento all’articolo da Loro pubblicato nei giorni scorsi sul rapporto “Uccelli comuni in Italia”, la LIPU intende precisare quanto segue.

    Il lavoro in questione traccia un quadro conoscitivo dei trend delle popolazioni di specie comuni nidificanti in Italia nel periodo 2000-2010. Occupandosi delle sole popolazioni nidificanti, il rapporto non ha a che fare, come invece da Loro affermato, con “la gestione faunistica della caccia programmata”, vale a dire con il rapporto tra l’attività venatoria e lo stato di conservazione degli uccelli, in particolare quelli appartenenti alle specie cacciabili. Ciò, soprattutto considerando che l’attività venatoria si esercita in larghissima maggioranza sulle popolazioni migratorie delle specie cacciabili, che non sono oggetto dello studio.

    Come è infatti noto, la caccia a specie come Allodola, Cesena, Colombaccio, Merlo, Quaglia, Tordo bottaccio e Tortora selvatica, si effettua in Italia, a partire dalla terza domenica di settembre, su popolazioni di preferenza provenienti dal nord-est d'Europa, le cui caratteristiche peraltro non sempre sono conosciute a sufficienza. La stessa caccia allo Storno (in Italia esercitata solo in deroga ai sensi dell’articolo 9 della direttiva Uccelli) impatta principalmente su popolazioni provenienti, nei mesi di autunno e inverno, dai Paesi del nord Europa, le quali non tutte risultano in aumento e anzi, in diversi Paesi europei, registrano un vistoso calo della specie, attualmente classificata come Spec 3 (ossia “specie non concentrata in Europa con status di conservazione sfavorevole”, laddove con Spec 2 si intende “specie concentrate in Europa e con status di conservazione sfavorevole”). A ciò andrebbe anche aggiunto il problema della presenza dello Storno nero in Sardegna e Sicilia, su cui sarebbe utile una riflessione.

    Quanto al tema specifico del lavoro LIPU, ci preme evidenziare che la cattiva agricoltura gioca senz’altro un ruolo significativo nella diminuzione delle specie legate a questa tipologia di paesaggio. Alle specie legate al paesaggio agricolo appartiene comunque soltanto una delle specie cacciabili risultate in crescita (la Quaglia), laddove le altre risultano o più boschive o generaliste (Gazza, ghiandaia, Cornacchia grigia), e dunque, in questo secondo caso, tali da adattarsi a (e probabilmente trarre vantaggio da) un ambiente banalizzato, come spesso risulta essere quello agricolo nella fascia planiziale.

    Il punto da sottolineare, tuttavia, è che se varie specie di uccelli risultano in calo pur senza essere oggetto di caccia, è logico pensare che un’ulteriore forma di pressione, quale quella rappresentata dall’attività venatoria, costituirebbe senza dubbio un aggravio del già sfavorevole status di conservazione, come indirettamente affermato dalla Guida interpretativa della Commissione europea al paragrafo 2.4.20, secondo cui “Una popolazione sottoposta a prelievo venatorio, anche se stabile e cacciata in modo sostenibile, si manterrà inevitabilmente ad un livello inferiore rispetto ad una popolazione in condizioni simili ma non soggetta a caccia”.

    D’altro canto, riguardo alle specie il cui declino non è determinato direttamente (e addirittura nemmeno indirettamente) dall’attività venatoria, la stessa Guida ci ricorda come sia preferibile “non autorizzare la caccia a tali specie o popolazioni”, anche se, per l’appunto, “la caccia non è la causa dello stato di conservazione insoddisfacente né vi contribuisce”.

    Soprattutto, va affermato con chiarezza che, contrariamente a quanto si coglie dal titolo con cui è stato rubricato l’articolo, le specie cacciabili in Italia non godono di buona salute. Sono infatti 19 le specie cacciabili in Italia classificate come SPEC (14 Spec 3, 5 Spec 2), e dunque versanti in stato di conservazione non favorevole.

    Tale decisivo tema viene richiamato dalla Guida della Commissione europea, in particolare alla Figura 10 (“Specie cacciabili aventi uno stato di conservazione insoddisfacente”), dove si assume lo schema di classificazione SPEC e si elencano alcune delle specie cacciabili aventi stato di conservazione non favorevole, per le quali, afferma la Guida, la caccia non deve essere autorizzata, a meno che la specie non sia parte di un piano conservazione adeguato che riguardi anche la tutela dei relativi habitat (“nel caso di una specie in declino la caccia non può per definizione essere sostenibile, a meno che non faccia parte di un piano di gestione adeguato che preveda anche la conservazione degli habitat e altre misure in grado di rallentare e di invertire la tendenza al declino”, Guida, Paragrafo 2.2.25).

    Tra le specie menzionate dalla Figura 10 (tutte cacciabili in Italia) segnaliamo la Canapiglia, il Codone, l’Alzavola, la Quaglia, il Frullino, la Beccaccia, l’Allodola, la Tortora, il Moriglione, il Beccaccino, la Pavoncella, il Combattente. Per nessuna di queste specie risulta attivo, in Italia, un adeguato piano di gestione. Il che, anche a norma di legge, dovrà comportare la sospensione della cacciabilità di tali specie, per la cui richiesta LIPU e altri hanno già scritto alle regioni italiane e alle amministrazioni centrali.

    Un ultima nota vorremmo dedicarla al tema della sostenibilità generale del prelievo venatorio in Italia. Tanto la direttiva Uccelli quanto la legge nazionale 157/92 prevedono che l’attività venatoria possa esercitarsi solo a patto di non contrastare con la conservazione della natura. In ciò sostanzialmente consiste il concetto di “sostenibilità”, che ha come precondizione logica la misurazione dell’attività venatoria. Un aspetto che in Italia risulta completamente inevaso, col risultato che oggi non è dato sapere cosa, quanto e come si caccia in concreto in Italia. La sostenibilità della caccia italiana è dunque nella migliore delle ipotesi de facto “sospesa”, e lo è almeno fino a quando gli strumenti di registrazione, trasmissione, analisi e valutazione dei dati non saranno realmente operativi. Si tratta evidentemente di un’inadempienza clamorosa (non l’unica ma forse la più generale e per questo la più grave) che richiede iniziative che appaiono ormai improcrastinabili.

    * = w

  5. #4  
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    l'unica razza che è in aumento è la volpe la quale sta distruggendo in certi posti lepri e conigli,ma nessuno ne parla,questo alla LIPU non interessa

  6. #5  
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    Anche i corvidi sono in aumento...distruggono tutto.
    Le favole non insegnano ai bambini che i draghi esistono (i bambini lo sanno benissimo),
    ma insegnano loro che i draghi si possono sconfiggere

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