Qualcuno, deve fermarli…!
Ancora una volta, all’avvicinarsi dell’apertura della caccia, insorgono gli amanti degli animali. Davvero strane queste associazioni che sorgono numerose come i funghi. Amano farsi chiamare “animalisti” senza conoscere il vero significato del termine. “Ambientalisti” per auto definizione, si proclamano vegetariani per meglio valorizzare la loro immagine di difensori degli animali. Si ergono a tutela della natura, paladini delle bestie. Con la pretesa di essere gli unici protettori del creato, non s’accorgono di essere appesantiti da paradossi e demagogie estreme.
Rispettosi fino allo spasimo della vita animale, hanno finito per anteporla alla vita stessa degli uomini. Nella loro illogica visione delle priorità naturali, sono scivolati tanto in basso nella considerazione della vita umana che la gente comune, quella seria per intenderci, inizia ad assistere con una certa curiosità ai deliranti proclami che accompagnano ogni evento della vita sociale, dove l’utilizzo degli animali è di frequente una tradizione che affonda le proprie radici nella storia più antica del nostro popolo. Spesso usanze antiche accettate da sempre e da tutti. Hanno insulti un po’ per tutti. Li vediamo così insorgere stupidamente contro il Palio di Siena, vergognosamente sostenuti da Ministri e Parlamentari, in queste occasioni nelle vesti di macabri opportunisti alla disperata ricerca di consensi elettorali.
Ma il fronte animalista è molto esteso, per nostra disgrazia o nostra fortuna. Li ritroviamo così anche in terra Spagnola; da sempre ostinatamente contrari alla corrida, ora se la prendono pure con la festa di San Firmino, in quel di Pamplona, dove, se mai ce ne fosse la necessità, si dovrebbero tutelare più i fedeli euforici che i tori esuberanti.
Ma chi sono in realtà questi personaggi, inneggianti alla vita delle bestie con slogan di malaugurio verso il mondo degli uomini. Il mondo dei cacciatori. Urlanti metropolitani imbrattatori di muri e vetrine. Da dove vengono questi, in quale contesto hanno preso forma, vita associativa. Nessuno lo sa con precisione. Attribuire una datazione certa alla nascita di questi movimenti animalisti è di certo un azzardo.
Già l’Ateniese Senofonte, discepolo di Platone, scrivendo il primo trattato sulla caccia nel quarto secolo prima di Cristo raccontava di…. Genti che amano più le bestie che gli uomini…E già allora, ci riferisce Senofonte, erano visti con sospetto o forse meglio con la compassione riservata agli stolti. Ma non è questo il problema, noi cacciatori, ad esempio, ….li vediamo con occhio anche peggiore….
Il problema, se mai esiste, sta nel modo dissacrante con cui queste “sette” paragonano gli uomini agli animali, in una sorta di dottrina nuova, che emargina la vita umana fin’ora al centro del creato per far posto alle specie animali, fortunatamente in una gerarchia ancora da tutta da definire. E’ una fortuna, per ora, sapere che forse veniamo prima delle pantegane…
Ma è la visione della vita umana che appare distorta nel pensiero di queste persone, irrispettosa non solo della vita, bensì pure dopo la vita stessa se, un loro “Guru”, ha ventilato l’ipotesi che dopo la morte si potrebbero utilizzare cadaveri umani per farne mangime per le bestie.
L’essere uomo invece significa sopratutto possedere anche una vita spirituale. Il pensiero, essenza astratta generata dal cervello, ci dissocia dalle bestie nella misura della sua potenziale razionalità. Noi umani possiamo anche non seguire gli istinti che sono invece prerogativa obbligata per le bestie. La condanna urlata degli animalisti verso il mondo venatorio, sta nella consapevolezza che noi proviamo piacere nell’esercizio della caccia. E’ difficile far comprendere a questa gente che “voglia di cacciare” non è sinonimo di “voglia d’uccidere”.
Posto il problema che l’aumento eccessivo di alcuni selvatici pone in pericolo l’esistenza degli stessi, viene da loro accettato che “l’uccisione”, se mai inevitabile, debba necessariamente essere effettuata dal guardacaccia, ipotizzando che lo stesso, proprio per professione, non possa provare nessuna emozione; piacevole o dolorosa.
Tutti gli uomini appartengono alla famiglia dei predatori. Non è un vanto ma neppure una colpa. Siamo così, punto e basta. Siamo pure onnivori è vero, ma le nostre caratteristiche somatiche parlano chiaro. Basta un’occhiata davanti allo specchio per stabilire che tutti noi apparteniamo ai predatori e non alle prede. Lo si può notare dalla posizione degli occhi, frontali come quello del lupo, molto diversi da quelli del capriolo o di una pecora, disposti lateralmente per avere un campo visivo maggiore, in grado cioè di scorgere l’avvicinarsi del pericolo con un angolo maggiore. Alla pecora o al capriolo, l’erba di cui si cibano non scappa, mentre al lupo e agli altri predatori la necessità di mettere a fuoco in modo perfetto la posizione della preda nell’istante decisivo dell’attacco è indispensabile. Vorrei ben vedere la picchiata di un falco pellegrino strabico su di una pernice!
Anche io, come molti di voi, sono nata e cresciuta in una famiglia di contadini e di cacciatori. I miei nonni avevano la pelle scura, bruciata dal sole per le ore trascorse nei campi. Mani forti, rese ruvide dall’uso degli attrezzi. Anche io, come tutta la mia gente, so di appartenere al genere umano con le caratteristiche più antiche; ho gli occhi ben piantati davanti! So’ di certo che non mi perderei nel bosco, sono certa che saprei sopravvivere bene anche senza il supermarket e l’automobile. Sono fiera di questa appartenenza. Non ho colpa ne merito d’avere gli occhi davanti, di avere spesso le mani ruvide e la pelle bruciata dal sole del campo, ma sono davvero contenta sia così.
Questi animalisti, al massimo, conoscono il parco comunale sotto casa, dove si sono allenati per anni ad aggredire in malo modo chi conduce il cagnolino con il guinzaglio troppo corto o la museruola troppo stretta. Ora sono specialisti nelle aggressioni verbali, puoi trovarli nel bosco il giorno dell’apertura; questo si, ma poi non li vedi che fuori dalle fiere che trattano qualsiasi cosa che riguardi la caccia, armati di megafono e del “manuale degli insulti”; opera collettiva faticosamente scritta nelle frequenti serate di noia.
E i nostri politici, quale è il loro atteggiamento? Nel dubbio li spalleggiano. I più non hanno una posizione ben definita, spesso dichiarano un amore verso gli animali che lascia attoniti chi li ascolta. Molti non saprebbero distinguere un Coker da un San Bernardo, ma se tiri fuori l’argomento del taglio delle code o delle dimensioni delle gabbie per il loro trasporto in auto ti snocciolano un trattato degno della Divina Commedia …senza sapere di che cosa stanno parlando…ovviamente. Non parliamo poi dei problemi attinenti la caccia vera e propria. Qui te li trovi tutti dalla tua parte; però se poni l’accento che la tal specie è particolarmente numerosa, magari con evidenti impatti dannosi sull’agricoltura, non è stata ancora inserita nelle specie cacciabili… apriti cielo. Non mai colpa loro … ma della Comunità Europea… e del tal decreto..e del tal articolo..e del ricorso…e della tal sentenza….
Cosa possiamo fare noi cacciatori per fermare tutto questo? Dobbiamo far sentire la nostra voce, dobbiamo far conoscere, la nostra passione per quella che è veramente. Dobbiamo pretendere! Si avete letto bene PRETENDERE dai nostri politici, che ci hanno chiesto il voto in tempi non sospetti, di difenderci! Si pretendere !
Pretendere che un minoranza di persone, dalla fedina penale immacolata, venga difesa e vengano rispettati i loro diritti, al pari dei diritti pretesi dalle decine di extracomunitari che ogni giorno assaltano il nostro paese. Al pari delle minoranze etniche o religiose, dove viene concesso di nascondere il volto, di costruire Sinagoghe o Moschee, dove per difendere tendenze sessuali diverse assistiamo di frequente a caroselli cittadini di dubbio gusto con la partecipazione di chi…… dovrebbe invece tutelare la nostra esistenza.
Lara Leporatti
Presidente CPA di Lastra a Signa
autorizzazione alla pubblicazione gentilmente concessa