ATTENTI, CACCIATORI!
I POLITICI CI STANNO FREGANDO DI NUOVO
E’ notorio come gli uomini politici avversarono per decenni i Parchi Nazionale e Regionali, visti come istituzioni frenanti ogni forma di sviluppo, fino a che il mondo ambientalista per accattivarseli (i politici) fece capire loro che attraverso i Parchi avrebbero potuto comunque dare il via allo sviluppo del territorio quasi come e più di prima (cosa che oggi avviene ogni giorno, e che solo l’ambientalismo serio e controcorrente cerca di contrastare!); ma non solo, che i Parchi sarebbero potuti divenire dei centri di potere (poltronifici!) proprio per uomini come loro. Difatti, i famigerati (per chi scrive) Enti Parco, a questo servono, a creare poltrone per gli uomini politici, i quali, pur di avere queste poltrone (e prebende!) sono così divenuti paladini dei Parchi: addirittura oggi sono più spesso loro i proponenti di sempre nuovi Parchi che non gli ambientalisti. L’ultimo esempio è quello dei Parchi Nazionali proposti per la Sicilia. Altri esempi sono i Parchi Nazionali già istituiti nel centro e sud Italia, che hanno trasformato il nostro Meridione in una della aree – sulla carta! – più “protette” d’Europa.
A tutto ciò, sempre il mondo della caccia si era opposto e vi si oppone, ed allora ecco che i politici si sono inventati altre forme di Parchi, non più chiamati tali, ma sempre vincolati alla legge nazionale che li coordina, la 394/91, con il giochino che non definendoli tali, li si potesse tenere aperti alla caccia. E molti cacciatori, ed i loro supporter politici (di destra e di sinistra), sono cascati in questa trappola, per cui si sono cominciati a vedere in varie Regioni d’Italia la nascita di aree protette quali “Monumenti Naturali”, “Zone Naturali di Salvaguardia”, “Parchi Naturali” (al posto di Regionali). Peccato che alla prova della legge questa scelta non abbia retto.
E’ infatti recente la bocciatura, da parte della Consulta, della legge piemontese sulla gestione dei parchi e dell’attività venatoria. La Corte Costituzionale si è difatti espressa in merito (sentenza 193/2010 del 4 giugno scorso) sostenendo che quale che sia il tipo di area protetta, se prevista e/o comunque collegata alla 394, deve essere assoggettata al divieto di caccia. In pratica, secondo questa sentenza, qualsiasi legge regionale che istituisca delle aree protette deve fare riferimento alla 394 secondo il titolo V della Costituzione che assegna questa competenza solo allo Stato; Stato che ha disciplinato questa materia, appunto, con la 394.
Da ciò si evince come la scelta delle Aree Wilderness (designate, e non istituite, dai Comuni, con la previsione solo di un riconoscimento o presa d’atto regionale), sia l’unico modo per tutelare il territorio e l’ambiente senza violare la Costituzione né cadere nella trappola della 394 che obbligherebbe ad una inscindibile chiusura della caccia. I cacciatori stiano quindi all’erta, quando i Sindaci ed i loro politici di fiducia al fine di godere di finanziamenti regionali e/o statali (e relative poltrone!) propongono loro l’istituzione di Parchi ed altre forme di aree protette connesse alla 394 ed alle leggi regionali conseguenti: potrebbero trovarsi poi con territori irrevocabilmente chiusi alla caccia.
Tatto da ''sei favorevole alla caccia?''