Il camoscio –
Non sono un cacciatore di camosci. Ogni volta che in passato prenotavo il capo poi non ci andavo perché questa caccia in fondo non mi ha mai affascinato più di tanto. Pur rispettando la sua nobiltà di animale delle rocce mi è sempre sembrato una capra selvatica. Oggi viene accettata la teoria che suddivide il genere Rupicapra in due specie principali.
1)Il camoscio meridionale (Rupicapra pyrenaica)
2)Il camoscio settentrionale (Rupicapra rupicapra)
Vi sono differenze morfologiche fra le due specie come le maggiori dimensioni del tipo settentrionale, la colorazione del mantello, il trofeo, e le dimensioni del cranio. Anche il comportamento sembra differire fra le due specie e questo può essere dovuto all’adattamento ad ambienti molto diversi.
Gli amori vanno da ottobre a dicembre con i soliti cruenti combattimenti fra adulti. Combattimenti dai quali i giovani si tengono alla larga. Le femmine, dopo un periodo di gestazione di 25-27 settimane, partoriscono a maggio uno o due piccoli che allatterà per sei mesi. Dopo questo periodo il piccolo diventa indipendente ed a un anno e mezzo raggiunge la maturità sessuale. La vita media è di circa 13-15 anni, si considerano sub adulti i giovani fino a 4 anni, adulti da 4-5 anni fino a 11-13 e poi anziani.
Durante le due grandi guerre del 900 le popolazioni dei camosci raggiunsero i minimi per poi riprendersi già dagli anni 50-60 anche grazie alla protezione ed alla deantropizzazione delle zone montane più impervie. Ricordo solo negli anni 80 una diminuzione dovuta a selezione naturale a causa di una infezione virale che colpiva il camoscio alla vista.
Sugli Appennini si trova la specie di Rupicapra pyrenaica ornata che cone vedete nella foto allegata è più chiara e meno massiccia di quella alpina.
Il trofeo non è caduco e lo portano, più piccolo, anche le femmine ed aggiunge un anello per ogni anno trascorso.
La foto è stata tratta da Caccia a palla, rivista dell’Editoriale CAFF (edizione speciale)
