Morto Rodolfo Pellegrinotti
Selezionatore geniale e cinofilo appassionato univa le doti di conduttore e gentleman.
“C’è un paese dei vivi ed un paese e dei morti
e il ponte fra loro è la memoria”
La vigilia di San Francesco Rodolfo Pellegrinotti ha chiuso il suo diario. L’ha scritto, giorno dopo giorno per 83 anni e sempre da protagonista. Nel lavoro, nello sport, nelle amicizie. Generoso con tutti meno che con se stesso da cui ha sempre preteso il massimo bruciava in un attimo d’ira contrasti e diverbi mai lasciando tempo ai rancori.
Amava così tanto la vita da volerla vivere ogni istante.Amava così tanto i Breton da dar loro il proprio nomeAmava così tanto la Gente da esserle sempre insieme
Ignorava la feroce crudeltà del ricordo e si affrettava al futuro convinto che sarebbe giunto sempre troppo presto e bisognava essere al traguardo con lui. Per questo anche in cinofilia è stato un personaggio unico, il leader che ha ottenuto tutto, da campionati del mondo a titoli nazionali e Coppa Europa, ed avrebbe voluto ancor di più confermando che il vincitore appartiene alla sua vittoria. Lascia, a chi l’ha conosciuto, la fotografia d’un sorriso aperto ed un nome onorato, il patrimonio più difficile da accumulare.
Faceva rivivere in chi l’ascoltava vicende di caccia e di lavoro, di una gioventù nelle maremme e di una maturità nella Brianza a cui voleva bene come ne fosse figlio. Ed in tanti, Luigi Consonni per primo, ed Enrico Aliprandi, Maurizio Masiero, Renato Fratus, Giorgio Bellotti, Sergio Lazzaretto, Giuliano Pernigotti. Leo Vanzin e Giovanni Battista Bolla lo consideravano fratello. Prodigo di consigli, aveva il dono di saper ascoltare.
Parlava di tutto ma mai di quello che aveva donato. Ed era molto. Il tempo con lui diventava un’altalena di racconti e progetti nel continuo crepitio di ricordi e speranze. Amava i suoi Breton e ne dipingeva aneddoti e vicende come fossero di famiglia. Nel confessarne i difetti abbassava la voce, come dicesse d’un figlio discolo.
Nel magnificarne i pregi alzava i toni, imitando il tenore che s’avvia al fin della romanza. Ogni sera che Dio creava era nella casa del Roncone da Luigi Consonni a strologare con lui il domani, raccontare la giornata, sempre diversa da quella che l’avrebbe preceduta e, l’avresti giurato, da quella che stava per scendere nel tempo.
Parlava sempre ad alta voce gesticolando come un pittore affaticato a far vivere un acquerello. Ecco perchè le sue parole parevano colorate e chiunque ama la vita non può non esser fatto che così. A modo suo Rodolfo Pellegrinotti ha avuto in dono il privilegio d’essere un innamorato per sempre della caccia, della cinofilia. Capace anche ad ottant’anni – ma aveva gli occhi vividi del ventenne al primo amore - d’estasiasi per una ferma, di emozionarsi se un cucciolo avventava la starna, commuoversi per le vicende d’ un amico ed esaltarsi per le gioie di altri come fossero le sue.
Guardandolo, ascoltandolo, riflettendo sulle sue parole mi son smarrito ogni volta nella stessa considerazione come fosse un labirinto: avrebbe voluto avere le braccia grandi come il mondo. Capaci di abbracciarlo tutto. O stringerlo tanto forte da imprigionarlo.Lo chiamavo Etrusco dei Breton: la prima volta fu perplesso, tutte le altre fiero perché gli rammentava la maremma di cui aveva tanta nostalgia da vivificarla nell’accento che mai era riuscito a dargli il respiro di Lombardo e che esibiva ad alta voce.
Come un glorioso certificato di nascita. Non l’ho mai sentito parlare a bassa voce convinto che i mezzi toni fossero brusii da mercato. Amava raccontarmi dei suoi cani ma anche svelare i mille piccoli segreti imparati dall’esperienza. Fu così che, anni ed anni fa scrivemmo “Il libro dei Breton” : lui parlava, io coloravo d’inchiostro i suoi racconti veri.
Tratto dal sito della FIDC, pezzo curato e scritto dal sig. Rodolfo Grassi
Re: Morto Rodolfo Pellegrinotti
grazie dell'informazione Lauretta, sono sempre i migliori che se ne vanno, c'è da dire però che la sua vita l'ha lungamente vissuta come voleva Lui, speriamo che qualcun'altro segua le sue orme