Qual'è il rapporto fra caccia e tutela della natura?
Ma hanno poi effettivamente qualcosa in comune o non sono piuttosto in contraddizione?
La caccia come l'agricoltura o la silvicoltura o l apesca non è tutela della natura. Essa non è altro che un'antica, anzi la più antica forma di utilizzo territoriale e nient'altro. Se essa viene gestita in modo accorto non è più criticabile, dal punto di vista della tutela della natura, di altre forme accurate di utilizzo naturale.
Per accurato intendo: il cacciatore può effettuare dei prelievi dal patrimonio faunistico se in questo modo non incide sulla sua consistenza. I popolamenti (non ripopolamenti) devono poter compensare autonomamente le perdite dovute all'attività venatoria per mezzo dell'incremento numerico annuale.
Il cacciatore può quindi abbattere il camoscio, la lepre oppure il gallo forcello. Deve rinunciare d'altra parte alla caccia a quelle specie che manifestino un calo numerico, anche quando la causa non sia la caccia stessa.
Il cacciatore ha una grande responsabilità nel controllo degli Ungulati poichè il lupo si è estinto (ad opera dell'uomo). Se il cacciatore non riesce a sostituire il lupo, i boschi e le colture agricole corrono un grave pericolo. Il cacciatore responsabile non si dimostra tale con il foraggiamento degli ungulati ma negli abbattimenti.
Provvedimenti di salvaguardia come il controllo dei predatori, il foraggiamento invernale o la disposizione di saline non sono da configurarsi come tutela della natura. Essi hanno lo scopo dell'incremento della specie cacciabile e spesso sono l'esatto contrario della tutela.